L’aggressione militare a Gaza e, più in generale, il colonialismo israeliano in Palestina sono inaccettabili. Ma attenzione a non scivolare nelle semplificazioni e nelle derive comunitarie. La maggior parte degli abitanti d’Israele non sostengono le scelte del “loro” governo. Come in qualunque paese, d’altronde. Sono numerosi quelli che rifiutano di fare il servizio militare (e pagano cara questa scelta). La maggior parte degli abitanti della Striscia di Gaza (o della Cisgiordania) sono lungi dall’essere degli integralisti che sostengono il terrorismo di Hamas mentre leggono il Mein Kampf. E quel governo indipendente palestinese così a lungo desiderato, quello di Mahmud Abbas come quello di chiunque altro, si rivela essere quello che tutti i governo sono: sfruttamento, polizia, prigioni. La maggior parte degli “ebrei” di Francia se ne fregano d’Israele e la maggior parte dei “musulmani” di Francia non sono affatto antisemiti. Non tutte le persone che credono in un dio od un altro mito del genere (spesso solo perché educate a credere in queste vuote superstizioni) sono dei rigidi fondamentalisti.
Ciononostante, ci sono anche dei pazzi furiosi che sostengono e propagano vecchi miasmi razzisti, a volte agghindanti di vecchi stracci religiosi. E a vedere gli attacchi e gli atti antisemiti di Aulnay, Parigi, Sarcelles, Valenton, a vedere la repressione poliziesca della manifestazione di Barbès del 19 luglio, a credere all’allarmismo creato da media e politici, ci si crederebbe sulla soglia della spirale di una guerra civile. Ma, nei fatti, il razzismo, la paura, i fondamentalismi religiosi, la guerra fra poveri servono gli interessi di chi?
Ci sono ovunque
persone che se ne fregano delle identità che sono state assegnate loro e
altre che le accettano soltanto perché le vedono come “naturali”, senza
farsi domande. Queste identità comunitarie (religiose, nazionali,
etniche) non sono infatti nient’altro che delle caselle in cui
vorrebbero farci rientrare, per farci obbedire. Per meglio controllarci,
sfruttarci, isolarci dagli altri sfruttati, a volte anche farci
ammazzare fra di noi. Il comunitarismo ed il suo fratello gemello, il
razzismo, sono dei buoni strumenti nelle mani dell’autorità. E funziona:
ci spingono lungo la discesa schifosa della guerra fra poveri.
L’identificazione con una categoria definita dal potere può essere fatta
da sé stessi (“fiero di essere…”) o dagli altri (“sporco…”). E spesso
il fatto che qualcuno sia attaccato perché identificato secondo una
supposta identità fa sì che egli si riappropri di questa stessa identità
e la trasformi in un malsano orgoglio (ed odio verso gli altri, come
mostra bene l’esempio degli imbecilli della LDJ [1]
). Entra qui in gioco una spirale che non fa altro che radicare ancor
più il sentimento di appartenenza comunitaria e le sporche dinamiche che
vi sono associate. Il comunitarismo è infatti molto spesso accompagnato
dalla paura e dall’odio verso quelli che sono ritenuti (o che si
dicono) appartenenti ad altre comunità. Questo processo non fa altro che
rinforzare l’identificazione delle persone secondo delle linee
d’appartenenza che non abbiamo scelto, ma che ci sono state imposte
(attraverso l’educazione, il razzismo subito, dei meccanismi psicologici
di “ricerca di forza”…). Non fa che rinchiuderci ancora di più nelle
nostre gabbie. Non nascondiamoci, però, dietro il dito delle buone
intenzioni. La radicalizzazione religiosa ed in particolare il
fondamentalismo islamico di certe fasce delle classi popolari, in
Francia, è un problema. Non si tratta di “libertà” religiosa. Si tratta
di un’autorità, una ancora, che vuole, in prospettiva, imporsi a tutti.
Il flagrante razzismo anti-“arabo” di una parte della società non deve
nascondere lo sviluppo del fondamentalismo islamico, né servire da scusa
per altre forme di razzismo, come l’antisemitismo. E sta anche ad una
parte dell’estrema sinistra di smettere di corteggiare certe derive
integraliste e antisemite, con la speranza di recuperare visibilità
politica.
Smettiamo di ascoltare le sirene religiose, nazionali e comunitarie.
Bruciamo le bandiere, ma tutte. Quelle degli aggressori e anche quelle
“delle vittime”. Perché è anche a causa delle bandiere, del
nazionalismo, della religione, che ci sono degli aggressori e delle
vittime – e i dominanti, di ogni sponda, non sono mai fra queste
vittime.
Dobbiamo saper fare la differenza, vedere chi sono i nostri veri
nemici. E i veri nemici degli sfruttati sono gli sfruttatori. Questi
ultimi giustificano la loro autorità anche con la religione, tutte le
religioni. I dominanti, loro, riconoscono molto bene i loro nemici. Si
tratta dei poveri, tutti i poveri, poco importa se mettono rosari al
collo, kippah in testa o indossano dei qamis.
I capi comunitari, quegli stessi che, indirettamente, spingono i
rispettivi “fedeli” gli uni contro gli altri, si stringono le mani,
rilasciano interviste congiunte quando le cose si spingono troppo
lontano e minacciano i loro interessi. Ed il primo dei loro interessi,
di tutti loro, al di là della piccola concorrenza sulla divisione di
settori di potere e di fette della popolazione, è il mantenimento di una
distinzione netta fra un’élite che detiene il potere (loro, qualunque
sia la loro “appartenenza”) e delle larghe masse che, come delle greggi,
sono tenute a seguire i rispettivi pastori. E davvero noi saremmo così
stupidi da credere a queste false identità, create apposta per
mantenerci sottomessi?
Che mi abbiano insegnato, nella mia infanzia, ad inginocchiarmi la
domenica, il sabato od il venerdì (e a lavorare ed obbedire gli altri
giorni), ecco il mio problema. I miei nemici non sono quelli che sono
stati educati ad inginocchiarsi un altro giorno, ma quelli che vogliono
che io e gli altri continuiamo ad obbedire. Le altre persone che
dovrebbero restare in ginocchio sono probabilmente nella mia stessa
situazione e potrebbero diventare miei alleati per la liberazione di
ciascuno di noi. Alziamoci infine in piedi. E vedremo chiaramente che i
nostri nemici non sono gli altri sfruttati, ma quelli che vogliono
tenerci in ginocchio.
Tratto da: Lucioles, bulletin anarchiste de Paris et sa région, n. 18, agosto 2014.
Tradotto da: Non-Fides
[1] Ligue de défense juive, gruppuscolo nazionalista ebraico, di estrema destra, sezione francese della Jewish Defense League, che dice opporsi all’antisemitismo, ma in realtà difende lo Stato di Israele e propaga il razzismo antiarabo; NdT.
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